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CURIOSITÀ: VINO

Cito Platone: “Il vino è il più grande dono che gli Dei abbiano fatto all’uomo”.
Ancora oggi in molte parti del mondo si usa versare le ultime gocce a terra per ringraziare la madre terra del dono che ci ha fatto.
Il mito della vite risale alle tribù di Noè che si addentrarono nelle foreste alla ricerca di cibo. Trovata l’uva, la addomesticò per coltivarla nei pressi delle abitazioni. Poi ci furono gli esperimenti di Mosè, per ottenere la coltivazione per propaggine: cioè piantando un tralcio o interrandolo per fargli mettere radici.

Le prime notizie certe sul vino provengono dalla Georgia circa 7000 anni fa. Ad Uruk in Mesopotamia troviamo i primi recipienti di terracotta. L’argilla lasciata sul fuoco diventa impermeabile e le anfore così fatte servirono per il trasporto del prezioso liquido.
Si deve agli Egizi la coltivazione a scopo “lùdico” per feste e banchetti reali, relegando la birra al ruolo di bevanda per tutti i giorni.
I Greci crearono i primi vini dolci lasciando appassire i grappoli su stuoie messe a giacere accanto ai vitigni.

I vini prodotti erano decisamente più alcolici di quelli attuali: dicono che venissero allungati con l’acqua per questo motivo.
Nulla di più sbagliato!
Servivano invece a disinfettare l’acqua! Conoscevano bene le proprietà antisettiche dell’alcol etilico.

Parliamo del vino odierno e, non preoccupatevi, lo farò in modo molto sintetico.

Con l’eruzione che distrusse Pompei sparì la maggior parte dei vitigni di alta qualità che si trovavano alle pendici del Vesuvio. Dal 79 all’80 d.C. si piantarono vitigni sia nei dintorni di Roma che in tutto l’Impero. Ma la produzione negli anni seguenti diventò troppo massiccia, ma soprattutto di scarsa qualità. Rimase una enorme quantità di vino invenduto e questo spinse l’imperatore Domiziano nell’92 d.C. ad emanare un editto per sradicare il 50% delle viti al di fuori di Roma, tutelando così la qualità e i produttori seri.
Nel 281 d.C. l’imperatore Marco Aurelio Probo abrogò tale editto e ordinò che venissero piantate viti in tutto l’impero, soprattutto ai confini, per ridurre i costi di trasporto degli approvvigionamenti.
I militi iniziarono a piantarle sui bordi del Reno e del Danubio proseguendo fino in Macedonia. Poi in Gallia e Spagna e in Inghilterra fino al Vallo di Adriano. Però le viti di vino migliore, quelle campane e del basso Lazio, non attecchirono perché richiedevano un clima più temperato. Riuscirono invece con quelle della Pannonia occidentale e del triveneto: il nome del vitigno era Monte d’Oro, non di alta qualità ma, di sicuro, di alta produzione.
Oggi viene chiamato Heunisch, Unno in italiano. Incrociandolo con vitigni locali (quei pochi rimasti) si ottennero oltre mille qualità diverse, ma il nome romano rimase: Chardonnay per Cardonacum, Bordeaux per Burdigala, Champagne per Campus, Traminer per Terminus ecc.

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