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I GRECI

Saltiamo tutti i vari popoli precedenti che sono passati per la Sicilia, poche cose sono rimaste e interessano più gli archeologi e gli storiografi che noi, e passiamo ai Greci.

La Sicilia non era abitata da selvaggi: sulle coste ioniche abitavano i Siculi ed in quelle tirreniche prosperavano i Sicani (tra Palermo e Agrigento) e gli Elimi (Trapani). Queste antiche popolazioni avevano eretto potenti e progredite città, dove, alme-no da tre millenni, si era sviluppata una cucina autoctona.

Nell’VIII secolo a.C. giunsero dall’Ellade le prime ondate di colonizzatori alla ricerca di cereali per le ricorrenti carestie che imperversavano nell’arida patria.
L’incontro di queste due civiltà mediterranee ha arricchito tutte le arti, compresa quella culinaria, ed ha fatto nascere il gusto per la buona cucina che trovò, più tardi, grande accoglienza nella Grecia dove, a poco a poco, gli elaborati manicaretti si sostituirono ai voluminosi arrosti dei tempi omerici ed alla maza, la schiacciata con farina d’orzo.

Sbarcarono a Siracusa, (dal nome della palude che la circondava: Syraca) e dove un paio di secoli dopo, nel 600 a.C., sbarca anche una dolce giovinetta: Saffo di Lesbo, esperta nell’accompagnare con la lira gli epitalami (liriche per banchetti di nozze). Ma non veniva solo per cantare ai banchetti, ma anche, e soprattutto, per promuovere i suoi oli e i suoi vini sopraffini, curati dai fratelli a Lesbo.

Tale era la sua fama che aprirono il Pritanèo per un δεῖπνον, banchetto in suo onore. Il luogo era prettamente maschilista, ma per la prima volta una donna vi entrò!
Prepararono pietanze di tradizione arcaica: crostacei e pesci, alghe commestibili, ce-reali, frutta e verdura, formaggi che con l’olio ed il vino compongono quella che oggi viene definita la “dieta mediterranea”.
Ed è in questa parte della Magna Grecia che la cucina si trasformò in arte.

Apprendiamo i nomi dei grandi cuochi dell’antichità, nati in Sicilia, da “Deipnosofistai” (“I Sofisti a banchetto”) libro del II secolo d.C. scritto da Ateneo, greco ma proveniente da Naucrati (Egitto): Trimalchio, conteso dalle famiglie più ricche; Miteco, che scrisse Il cuoco siciliano – libro perduto; Labduco, precursore di tutte le scuole alberghiere; Archestrato, autore del poema Gastrologia – perduto anch’esso, di cui Ateneo, per fortuna, ne riporta alcuni stralci. La dietetica mosse i primi passi con Acrome e Eutidemo.
Sempre Ateneo ci racconta dei tipi di pane di quel tempo (V° a.C.) assieme ai vini, pesci, salse già incontrati per il banchetto per Saffo.

Da Platone, sotto il Tiranno Dionigi il Vecchio (famoso per l’Orecchio), abbiamo un apprezzamento per i cuochi siciliani e un elogio per la fresca pasticceria siracusana.

Utilizziamo il greco antico per dare nomi agli ingredienti: agghiu (aglio: da ‘aglis’), alivu (oliva: da ‘eloia’), amitu (amido: da ‘amylon’), basilicu o basilicò (basilico; da ‘basilikòs’ la pianta del Re), ‘riganu (origano: da ‘origanon’), chiappara (capperi: da ‘kàpparis’), cuminu (cumino: da ‘kimynon’), cicoria da ‘kikhoria’.

Le ricette di Archestrato riportano anche la lepre arrosto, coniglio nel vino, tonno marinato, orata sfumata nell’aceto, pesciolini e alghe fritte, pescespada alla griglia, vari pesci crudi con salse e i pasticcini al miele.

Le città della Magna Grecia più reputate per sontuosità, a volte anche eccessiva, delle mense furono: Siracusa, Crotone e Sibari ed è proprio dai cittadini di questa ultima città che proviene il vocabolo sibarita, usato ancora oggi per indicare una persona amante della vita piacevole e del buon cibo.

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