LA SANTA PASQUA
Parola che etimologicamente viene dal latino pascha, che deriva dal greco πάσχα, a sua volta derivato dall’ebraico pesacḥ ossia “passaggio”.
La parola ebraica deriva dalla storia delle dieci piaghe d’Egitto: nove non furono sufficienti a convincere il Faraone a liberare il popolo degli Ebrei, ridotto in schiavitù. Allora Dio si risolse a scagliare una decima piaga, la più tremenda. Ogni famiglia ebrea doveva sacrificare un agnello, e segnare col sangue stipiti e architrave della porta di casa. Per i segni Dio, sceso sull’Egitto per uccidere il primogenito di ogni famiglia, avrebbe riconosciuto il suo popolo e sarebbe passato oltre. Con la morte del suo primogenito, il Faraone decise per la liberazione, e gli Ebrei partirono, verso la terra promessa passando oltre il Mar Rosso: l’Esodo.
Per gli Ebrei la tradizione della Pasqua (detta anche “festa degli azzimi”) vuole che il pasto venga servito con posate e stoviglie riservate solo a questo evento e il pane non deve essere lievitato (azzimo).
Se per l’ebraismo è Pasqua di liberazione dalla schiavitù d’Egitto, per il cristianesimo è Pasqua di resurrezione, cioè passaggio da morte a vita per Gesù Cristo.
Le letture liturgiche cristiane durante la passione fino alla resurrezione comprendono anche quelle della liberazione. Dalla prima lettera di San Paolo ai Corinzi leggiamo: “Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è resuscitato il terzo giorno secondo le Scritture.”
Più avanti leggiamo: “Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, ma con azzimi di sincerità e verità.”
Di più non dico sulla Pasqua ebraica e cristiana poiché non ho sufficienti competenze in teologia, ma posso solo aggiungere che nel IV secolo durante il Concilio di Nicea si determinò il calcolo (sono un matematico…) del giorno di Pasqua, come la domenica successiva al primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera (convenzionalmente sempre il 21 marzo!), quindi una domenica compresa tra il 22 marzo e il 25 aprile e che la tradizione cattolica vuole che la data della Pasqua venga comunicata ai fedeli durante i riti dell’Epifania (6 gennaio).
Dovrebbe essere la festività religiosa cristiana più importante, invece è, col tempo, diventata seconda, dopo il Natale.
La parola è presente in modi dire italiani: Contento come una Pasqua – Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi.
Cosa si mangia a Pasqua? I dolci!
L’abitudine di regalare uova di cioccolato è, relativamente, recente, mentre una volta si regalavano uova vere (spesso sode) con il guscio colorato vivacemente: l’uovo è simbolo di rinascita.
Lo scambiarsi le uova a primavera era un’abitudine sumera, persiana ed egizia. Nella religione cristiana questa tradizione permane, ma con una piccola variante: durante la quaresima oltre alla carne, una volta non si potevano mangiare le uova, che venivano conservate sode! Il giorno di Pasqua era il primo giorno in cui si poteva mangiare di nuovo la carne e le uova. Lo scambio di uova era, quindi, un augurio di rinnovamento e di rinascita.
Inizialmente venivano dipinte di rosso (colorante ottenuto dalla bollitura della buccia di alcune cipolle), simbolo della passione di Cristo, interamente o con una croce o altri simboli cristiani. Poi si passò a decorarle in modo sgargiante (e festivo!) fino a ricoprirle di foglia d’oro come regalo per l’alta nobiltà.
I Fabergé, famosi orefici, produssero delle uova in oro, o altri metalli preziosi, con smalti colorati, e che si potevano aprire, per lo zar di Russia Alessandro III che le donava a Pasqua alla moglie Dagmar di Danimarca. Successivamente per lo zar Nicola II che le donava alla madre Dagmar e alla moglie Alessandria d’Assia.
Negli ultimi cento anni, o poco più, vennero prodotte delle uova di cioccolato piene, ma con la scoperta del temperaggioTecnica che consente di stabilizzare il cioccolato per agevolarne la lavorazione, variando le temperature del cioccolato allo st... altro del cioccolato si poté ottenere l’uovo di cioccolato vuoto. La ditta inglese Cadbury ebbe la felice idea di unire la tradizione del cioccolato e le uova regalo pasquali. Nel 1875 produsse le uova di cioccolato vuote con sorpresa: la prima erano delle semplici mandorle dolci, poi piccoli regalini. E nel 1893 avevano a catalogo uova con 19 sorprese diverse. Nel 1905 introdussero anche quelle con cioccolato al latte che piacquero ancor di più ai bambini.
Oggi, oltre alle uova di cioccolato, troviamo, importato da tradizioni inglesi (Easter Bunny), tedesche (OsterHase) e dell’Europa occidentale, il coniglio di cioccolato: questo coniglietto pasquale che lascia doni per i bambini. In USA il coniglietto nasconde le uova nei giardini e i bambini dovranno cercarle. Sembra, però, che questa tradizione sia stata originata da Sant’Ambrogio che lo individuò come simbolo di resurrezione vista la capacità di cambiare il colore del mantello.
L’agnello pasquale e la colomba pasquale sono altri simboli cristiani rappresentati da dolci.
Solo in Sicilia l’agnello: di marzapane con interno in pasta di cedro e zuccata, o pasta frolla glassata con medesimo interno.
La colomba pasquale, invece, è l’equivalente del panettone natalizio: un lievitato dolce, coperto da glassa con zucchero in granella e mandorle bianche pralinate. Il dolce fu inventato dalla Motta negli scorsi anni trenta come dolce commerciale per il periodo pasquale.
In Sicilia principalmente, ma anche in Calabria e in Puglia, è presente anche la “cuddura”, o “palommeddi ‘o pastafuorti” (colombina di pastaforte) o “pupi cull’ova” o “cuzzùpa”, un impasto in cui a volte vengono inserite uova sode con il guscio, spesso coperto di glassa reale (zucchero al velo, albume e succo di limone) detta in Calabria ‘annaspero’. Questo dolce, fatto a forma di cuore con due uova sode, veniva regalato ai fidanzati per Pasqua.
A Napoli troviamo la “pastiera”, crostata con interno di grano bollito, ricotta, cioccolato a pezzi e profumo d’agrumi.
A Palermo e in Sicilia viene preparata la “cassata”, ricotta e zucchero, con canditi e cioccolato, coperta di marzapane e sostenuta da pan di Spagna, decorazioni con canditi, zuccata, e glassa reale. Ne esiste anche una versione in pasta frolla e cotta al forno.
In Sardegna la “casadina” o “pàrdula”, sottile pasta con zafferanoSpezia ricercata e molto raffinata, è la più costosa. Si ottiene per dall’essicazione e dalla successiva polverizzazione deg... altro ripiena di formaggio o ricotta e uva passa.
Nel Lazio e in Campania troviamo la “pigna dolce” o “tortano di pasqua” o “casatiello dolce”, altro morbido lievitato dolce con copertura di glassa reale e confetti colorati.
A Trieste e Gorizia la “pinza triestina”, altro lievitato dolce con tre tagli, che mangiato con una fetta di prosciutto serviva come termine del digiuno del Venerdì Santo, ma farcita con crema al cioccolato o confettura era il dolce di Pasqua.
In Romagna la “zambela romagnola”, ciambella senza buco, cotta la domenica delle Palme e mangiata a Pasqua intinta nel vin santo.
A Lucca e in Garfagnana la “pasimata”, simile al pan dolce, benedetta in chiesa il giorno di Pasqua.
In varie parti d’Italia la focaccia dolce, con ricette assai simili, spesso amata e degustata con Nutella.
Ed ho solo elencato i dolci forse più conosciuti, ma so per certo che le varie cucine regionali ne avranno altri.
I Menù di Pasqua
Ho parlato dei dolci, spaziando per le varie regioni. Ma ci sono molte ricette di cucina per Pasqua e per Pasquetta!
Essendo il dì della festa, la cucina italiana non poteva che creare una marea di ricette, tutte a base di carne perché è appena finita la quaresima.
Il “casatiello”, lievitato con all’interno la salsiccia, tipico della Campania, così come i carciofi arrostiti. La “Crescia di Pasqua”, lievitato al formaggio, del centro Italia. La frittata di maccheroni e la torta pasqualina, torta rustica con spinaci, ricotta e uova sode.
Le lasagne, con diverse varianti purché ci sia il ragù, in tutta Italia, gli agnolotti al sugo, risotto o crespelle agli asparagi o bruscandoli (asparagi selvatici), ma anche varie tipologie di minestre.
L’agnello, il capretto o l’abbacchio, in varie forme, arrosto, in umidoCottura per convenzione e per scambio con poco liquido aromatico piuttosto denso. altro, a spezzatino, al forno, in polpette, accompagnato generalmente da patate.
“L’agnello cacio e ova”, tipico napoletano e dell’Italia centrale, il “suscello”, tipico messinese, così come “l’agnello in concia” (due soufflé particolarmente complessi), il timballo pasquale del napoletano o quello siciliano arricchito da piccolissime polpette fritte e fette di uova sode, che ebbe il piacere di servire vent’anni fa a mio suocero.
Particolare il brodetto romano, piatto di origine medievale (ne parla il Maestro Martino nel ‘400), a base di carne di manzo e agnello bollita. Si sbattono delle uova, diluite con del succo di limone, in cui viene versato a filo il brodo. Si serve la carne a pezzi, si copre con il brodo e si rifinisce con maggiorana, pepe e formaggio grattugiato (pecorino romano o parmigiano). A parte, fette di pane abbrustolito con un po’ d’olio.
Il contorno composto da verdure tipiche: asparagi bianchi o verdi, insalata pasqualina, puntarelle, misticanza, songino o gallinella.
I carciofi e fiori di zucca ripieni e fritti sono gli antipasti tipici di Roma, ma comunque consumati in tutta Italia, seguiti da foglie di salvia in pastella e fritte.
Ho letto il bellissimo articolo sulla Pasqua e mi sono ricordata di una buonissima pasta al forno, che faceva una mia zia, fatta con le polpettine,
le uova, la ricotta ,il sugo di maiale……
Potrei avere la ricetta del timballo siciliano?
Grazie
Esattamente! Dall’elenco degli ingredienti direi che sta parlando del timballo pasquale siciliano!
La ricetta richiede la preparazione di pasta frolla dolce insaporita con cannella.
Mi dai lo spunto per scriverla.
Appena la predispongo (per domani pomeriggio) te la invio al tuo indirizzo di posta!